Il mio amico Orazio


Ultimo saluto a Orazio, dopo un mese di malattia tremenda, che gli ha levato tutto ciò che aveva; l'uso delle zampe, suo strumento per esprimere la sua folle gioia di stare con te.
Arrivò da me da Milano sette anni fa. Una forza della natura; la coppia che lo aveva, lo adotto' al canile; aveva il nome Tupak, pareva
 un lupo, era un pastore australiano. Sembrava avesse subito qualcosa di grosso, dato il suo carattere ribelle e bisognoso di amicizia, e date le sue paure. Lo adottarono perché  da anni non riuscivano ad avere figli, lo ribattezzarono Orazio; con lui e la sua energia vitale, la sua grande capacità di dare costante amicizia e attenzione, colmando i vuoti della vita, portò la coppia ad avere a ruota due bambini. A quattro anni non lo potevano più tenere e mi chiesero se lo prendevo, dato che stavo in mezzo ai boschi di San Miniato. Appena mi vide, diventò il mio migliore amico, e mi chiese immediatamente di andare a perlustrare le olivete e i boschi di Gello... girammo insieme per ore e ore. Lassù ha trovato una compagna e ci sono i suoi suoi figli. Voleva stare fisso con me, aveva grande paura di un nuovo abbandono. Di un buon cane si solito si dice che gli manca la parola, lui ti guardava fisso negli occhi e pretendeva le tue parole, le tue istruzioni, pareva dire: ma che padrone sei se non mi parli, quindi dicevi due parole e inclinava il capo dicendoti: aspetta, forse ti ho capito. Quando andavo via, tremava e piangeva, quando c'ero, mi faceva vedere le sue grandi doti di fiuto e di potenza. Mi riportava un sasso, lanciato sui boschi, volando sui ciglioni con le orecchie che planavano con lui, sui dirupi come una scheggia, arrivava ancor prima del sasso, ancora in volo, e lo intercettava in pochi minuti col suo grande fiuto. Tornava da me soddisfatto per comunicarmi e insegnarmi il valore del gioco  e la voglia di vivere la scoperta del mondo ... in amicizia, insieme. Ci sei riuscito Orazio, e capisco che non gradivi più vivere, privato di questa tua capacità di dimostrare come intendevi la vita, anche se a volte non ti capivamo.   Ci hai insegnato la gioia e anche a stare fermi con la mente, durante le nostre frenetiche giornate, ci hai obbligato a fermarci di tanto in tanto per guardarsi negli occhi, come veri amici, per trasmetterci le tue passioni. Sei stato il nostro grande compagno, lo sei stato per Gilda e per l'amico D'oro, il tuo amato, odiato gatto; quando morì non mangiasti per due settimane. 
Con la recente malattia hai mollato presto, solo per trattenere quella poca energia che ti è stata rubata all'improvviso e a tradimento; per portarla intatta alla terra, sotto le tue stelle, tra i tuoi boschi, per poi rifarcela sentire sempre.
Ti capiamo Orazio e ti ringraziamo tanto. Sei stato un portento, hai mollato presto e chiesto di addormentarti, solo per tornare sano nei boschi a correre; ce lo hai chiesto guardandoci negli occhi. Così, semplicemente, sano e forte volevi essere spento; e hai vinto anche stavolta. Ciao Tupak.
Adesso va a giocare ...







Racconto tratto dal libro "L'odore delle Rose" Alessandro Niccoli Europa Edizioni ed. 2019

Qui libro: L'odore delle Rose



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